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Lavoro, localizzazione e rapporti tra scale come elementi fondamentali della geografia (e della società) contemporanea
Massimiliano Tabusi  1, *@  
1 : Università per Stranieri di Siena  (Unistrasi)  -  Website
* : Corresponding author

La geografia esiste perché il mondo non è né fisicamente né culturalmente isotropo ma, piuttosto, caratterizzato da differenze. Nel passato meno recente esse erano particolarmente connesse alla variabilità della “natura”, in senso molto ampio, e ciò si riverberava in differenti produzioni e saperi produttivi che, a loro volta, stimolavano reti di commerci e connessioni. Oggi gli effetti delle differenze di questo tipo paiono assai attenuati – e per certi versi ribaltati - per l'azione del capitale e delle tecnologie; le differenze produttive contemporanee sembrano invece essere (ri)generate, se non provocate, in particolar modo dalle configurazioni che assume il rapporto individuo-comunità attraverso il lavoro e la società in cui esso si realizza, “ingabbiate” e “cristallizzate” per mezzo dei confini e dunque fortemente correlate alla geografia politica del mondo. In contraddizione perfino con la teoria economica liberista, secondo la quale la migliore efficienza produttiva si avrebbe con la completa mobilità dei fattori della produzione, i confini contemporanei tendono sì ad essere decisamente porosi per quanto riguarda il capitale, i beni e i servizi, ma lo sono molto meno (e sempre meno), nei confronti del lavoro. Le differenze spaziali che riguardano le condizioni del lavoro, particolarmente se messe in relazione con i diversi livelli di costo della vita, generano profitto. Tale profitto, che ha dunque radice geografica, originandosi alla scala locale ed essendo profondamente connesso alla società in cui in cui si genera e alla condizione individuale di ciascun lavoratore, si concretizza quando entra in gioco una scala più ampia di quella locale. Generalmente alle scale più vaste la differenza di condizioni del lavoro viene inglobata nella merce (o servizio), che incrementa il suo valore proprio grazie alla possibilità di essere dislocata, ovvero prodotta in un luogo e venduta in un altro, andando così a remunerare il capitale. La stessa differenza, se colta dai lavoratori, può diventare un forte fattore di attrazione: possono infatti tentare di appropriarsi direttamente di quel profitto “geografico”, altrimenti incorporato nella merce, effettuando direttamente quello spostamento e traendo vantaggio (o tentando di farlo) dalle differenti condizioni del lavoro e di costo della vita. Questo della migrazione (fenomeno che sta acquisendo una sempre maggiore centralità nell'Europa della nostra epoca) è, peraltro, solo uno dei molti possibili esempi - tutti con grandissime connessioni con l'organizzazione sociale - che possono evidenziare il ruolo delle differenze geografiche collegate al lavoro: tra gli altri temi nodali, si pensi, ad esempio, all'impatto della robotica nell'industria, in connessione con lo scarso interesse per il mercato interno nella prospettiva di una produzione per l'export. L'intervento proposto vuole contribuire alla riflessione teorica disciplinare evidenziando come il lavoro, la sua localizzazione (il contesto sociale, culturale, economico e politico in cui esso si svolge) ed i rapporti tra scale siano elementi fondamentali della (e dunque inscindibili dalla) geografia del mondo contemporaneo, comunque aggettivata, e della sua evoluzione. Per questo motivo appare decisiva per l'evoluzione stessa della società la capacità della geografia di contribuire in modo molto più incisivo alla comprensione della contemporaneità, sia sotto il profilo della lettura e della spiegazione dei fenomeni socio-economico-politici (tramite la formazione a tutti i livelli e la partecipazione alla descrizione e interpretazione dei fenomeni), sia sotto quello dell'impatto sull'opinione pubblica, sui media e sulle decisioni politiche. 


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